17 / 12 / 2011

1993 - Progresso Fotografico

La particolare esperienza della rivista L’Etichetta

L’esperienza editoriale de L’Etichetta – testata dedicata alla bellezza della vita materiale e diretta da Luigi Veronelli – meriterebbe un’attenzione ed un’analisi forse più ampie di quanto non sia possibile in questo contesto, per l’eccezionale particolarità o, forse, unicità, del rapporto che viene instaurato con un fotografo. Anche solo lo sfogliare rapidamente un numero della rivista rende immediatamente evidente un aspetto decisamente raro da riscontrare nel nostro panorama editoriale: non solamente, infatti, le immagini fotografiche sono evidentemente curate, pensate con lucidità ed utilizzate con chiaro intento di comunicazione, e non di mera documentazione; oltre a ciò, traspare evidente che la scelta e l’impaginato delle immagini sono curati da qualcuno che si intende realmente di fotografia, il che conferisce alla parte iconografica della testata un’efficacia ed un’incisività – appunto – più uniche che rare. Cura l’immagine della testata il grafico Giacomo Bersanetti; professionista scrupoloso e riflessivo, ama conoscere il lavoro dei giovani fotografi, nella loro evoluzione nel corso dei mesi o degli anni.

Quando la testata si serve di un professionista affermato, invece, viene meno l’esigenza di un’attesa così paziente, anche se la conoscenza del professionista nell’insieme del suo lavoro è comunque indispensabile alla collaborazione.
Uno degli aspetti peculiari del lavoro svolto in collaborazione con L’Etichetta è che, di norma, ciascun numero della rivista è seguito da un fotografo solo, col quale si lavora in stretta collaborazione per giungere alla corretta e sempre variata interpretazione dei temi che vengono toccati nel numero. Ovviamente, questa monograficità professionale rappresenta una premessa eccellente – e forse indispensabile – per costruire quel rapporto di collaborazione capace di far scaturire il meglio dalle potenzialità del fotografo.
Per conferire ai numeri della rivista una vena creativa sempre nuova, inoltre, di norma la collaborazione con ciascun professionista si limita ad un solo episodio, fatte salve eccezioni molto rare. Questo significa che ogni fotografo, una volta ben conosciuto dall’art, lavora intensamente alla realizzazione di un intero numero della testata, ma solo a quel numero, e non ad altri.
La scelta editoriale è ben precisa ed intelligente, ottenendo almeno due effetti ben precisi: da un lato, infatti, questo modo di procedere risulta oltremodo motivante e stimolante per il fotografo e per la sua creatività (la rivista diviene una sorta di prova, verso sè stessi e dinnanzi agli altri); altro canto, l’Editore si garantisce una freschezza stilistica, una vivacità inventiva ed una grinta interpretativa che in nessun altro modo si sarebbe ottenuta. Un esempio, in negativo, del rischio che la linea editoriale de L’Etichetta riesce ad evitare è dato da alcune testate di moda, con le quali collaborano sempre gli stessi fotografi, che monotonamente e monocordemente citano sè stessi, producendo – mese dopo mese – riedizioni dello stesso modo di vedere o di immaginare la realtà, originali ed imprevedibili quanto lo possono essere le puntate di una telenovela.
Garantendo un serrato turn over di fotografi, invece, ogni numero de L’Etichetta è una sorpresa sul piano visivo, oltre che contenutistico.
«Fare un numero della rivista» spiega Giacomo Bersanetti «è impegnativo, è coinvolgente. Si crea sempre un rapporto di amicizia con il fotografo, che normalmente prosegue anche dopo la lavorazione, ed è quasi triste il distacco – sapendo che l’esperienza non si ripeterà – dopo aver sperimentato quella tensione creativa che è occorsa alla realizzazione del numero».

Le immagini vengono stampate frequentemente a piena pagina, con una spiccata attenzione al carattere del servizio nel suo complesso, e alla particolare tipologia di ciascuna immagine in sè.
Basti un esempio per tutti: nelle immagini di food o che richiedono una breve didascalia esplicativa, la scritta è sovrapposta all’immagine (se a piena o doppia pagina) solo quando l’economia dell’impostazione visiva della foto lo permette senza nulla togliere all’equilibrio ed alla dinamica dell’immagine; se l’inserimento della scritta turbasse questo equilibrio, si rinuncerebbe alla didascalia, o la si sposterebbe in altro luogo. La grafica è molto discreta, classica, anche se con modulazione dispari (sette moduli per sette); mai titoli grandi, mai inserimenti in scavato nelle immagini, se non appositamente concepite.
Se un testo deve essere alloggiato all’interno di un’immagine (ad esempio, una ricetta), la foto stessa viene realizzata all’uopo, di concerto con il fotografo, per destinarla a quell’impiego.
Le foto vengono poi ambientate in un contesto grafico decisamente accurato, valutando per ciascun caso ed insieme al fotografo, il peso logico e grafico di ciascuna immagine, e la sua destinazione nell’economia del servizio.
Bersanetti, come art, interviene nella realizzazione delle immagini in fase di valutazione preventiva, ma mai tramite la stesura di un layout che in qualche modo vincoli il fotografo.
L’art ed il fotografo lavorano sempre di concerto, sperimentando continuamente tecniche di ripresa e materiali nuovi; situazione veramente anomala, nel piatto panorama della nostra editoria.

Quando nel 1983, nasceva la testata L’Etichetta, l’impostazione monografica dei numeri aveva un progetto differente, ma altrettanto originale: le pagine si snodavano descrivendo l’ipotetica giornata, ora per ora, di una persona che amasse vivere appieno le gioie le cose belle, in tutti i suoi aspetti, e con piena consapevolezza di ogni aspetto; gli articoli erano quindi organizzati seguendo una sorta di scaletta oraria della giornata immaginaria di una persona che sapesse scegliere il bello della vita.
Ferma restando la traccia di fondo – descrizione elegante, misurata, còlta di un atteggiamento epicureo nel senso più puro del termine – nel 1988 l’impostazione della testata è mutata, assumendo l’aspetto e la linea editoriale attuale: meno articoli, ma più approfonditi, e gestiti – sul piano iconografico – con quel criterio monografico descritto poc’anzi.
In questi prossimi mesi, la testata verrà editata anche in una versione destinata alla distribuzione sul mercato statunitense, per raccontare agli States il meglio delle cose belle in Italia.

A cura di TAU Visual
con la collaborazione di B. Cinquanta

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