30 / 12 / 2011

2008 - Vini di Bargiornale: il design racconta i vini del Piemonte

Copertina Bargiornale

Non è sempre semplice leggere un’etichetta. Ci aspetteremmo di trovare il nome del produttore e l’indicazione dell’origine del vino o la sua tipologia. Invece sempre più spesso capita di trovare o molto di più o molto di meno di questo. Rettangolini fitti di indicazioni tipografiche o elementi decorativi che si assomigliano tra loro, forme vuote e segni grafici difficili da collegare al contenuto della bottiglia.

Stili. Negli ultimi trent’anni molte cose sono cambiate nel mondo del vino italiano e parecchi produttori si sono imposti in campo internazionale in modo autorevole anche grazie alla “vestizione” delle bottiglie, sempre più lontano dal modello tradizionale, alla francese. La mostra Enografie, allestita a Torino in piazza Castello nel palazzo sede della Regione Piemonte, racconta proprio i percorsi creativi di un gruppo di designer, Giacomo Bersanetti, Chiara Veronelli e Francesco Voltolina della SGA corporate & packaging design e Silvio Coppola, che hanno accompagnato l’evoluzione di alcuni produttori piemontesi attraverso una ricerca estetica sull’etichetta.

Esposizione. Organizzata nell’ambito di Torino 2008 World Design Capital, l’esposizione dei prototipi e dei modelli di questa ricerca racconta i vini del Piemonte, o almeno alcuni di loro, «evocandone l’essenza – come dice Giovanni Baule, che ne è il curatore insieme a Valeria Bucchetti – evitando di sovrapporre maschere identicarie precostruite». Insomma, girando alla larga dagli schemi convenzionali della comunicazione del prodotto vino, queste etichette sono pezzi rari che per un verso o per l’altro hanno finito per creare «veri e propri prototipi comunicativi». Come quella di Gaja, passata dalle etichette “lenzuolo” degli anni ‘60 alla striscia minimalista nera su campo bianco che riporta oggi solo il nome dell’azienda in negativo, simbolo ormai di uno stile d’identità. O le etichette fascianti di Ceretto anni ‘80, che con i loro corsivi giganti a tutto campo hanno segnato il definitivo distacco dal modello francesizzante.

Svolte. Ma al di là della vicenda singola ci sono vini, nella storia recente dell’enologia piemontese, che hanno rappresentato qualcosa e talvolta hanno segnato addirittura una svolta epocale di un certo mondo produttivo. Ad esempio è innegabile che proponendo scelta estetiche sorprendenti a produttori innovativi come Giacomo Bologna, con l’etichetta esuberante del suo La Monella o a Mariuccia Borio, con la serigrafia rossa dominante sulla bottiglia nuda del suo Passum, i designer hanno assecondato il loro sforzo verso il rinascimento della Barbera di fine anni ‘70, tesa a svincolarsi dallo stereotipo di vino comune per puntare al massimo livello qualitativo. L’impatto di queste etichette è stato formidabile per aiutarli a raccontare ai loro clienti una storia diventata, di bocca in bocca, un mito.

Approcci. Ai creativi bisogna riconoscere di aver saputo individuare la singolarità che sta dietro un determinato produttore o un vino. Con un approccio colto ed evocativo, certo dipendente dalla loro formazione – vengono tutti dall’Accademia di Belle Arti – sono riusciti a veicolare attraverso l’approccio visivo elementi culturali che hanno preciso riscontro nella realtà del vino e della terra che lo produce.

Teresa E. Baccini

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