30 / 12 / 2011

2008 - Il Giornale del Piemonte: Uceline, nasce a Costigliole il vino che fa buon sangue

Mariuccia Borio è una delle «lady di ferro» del vino italiano. Da anni è al timone di Cascina Castlet, la mitica maison con cantine e vigne sulle colline costigliolesi. Da qui, smentendo il luogo comune che vuole il Piemonte simbolo dello status quo anche in campo enologico, partono, invece, segnali di novità assoluta. Dell’ultimo se ne é parlato qualche giorno fa nel castello di Costigliole, sede dell’Icif, la scuola internazionale di cucina italiana frequentata ogni anno da decine di chef da tutto il mondo. Mariuccia Borio ha presentato «Uceline», il suo ultimo vino che racchiude unicità straordinarie, sia dal punto di vista strettamente enologico che della comunicazione. Partiamo dalla vigna. Uceline, che sarà presentato al prossimo Vinitaly in calendario dal 3 al 7 aprile a Verona, é ottenuto dai grappoli dell’uvalino, un vitigno autoctono che fino a dieci anni fa era considerato in via di estinzione. Di quest’uva «a bacca nera», dagli acini piccoli e tondeggianti, capace di resistere fino a ottobre inoltrato e anche più in là, tenace a tal punto da fronteggiare perfino le prime nevicate di fine autunno, si erano perse le tracce.

Uceline

Il nome Uceline, scelto, su indicazione dello storico canellese Gianluigi Bera, da Mariuccia Borio insieme con il suo designer di fiducia, Giacomo Bersanetti, consulente d’immagine di tante Case italiane del vino, deriva proprio dal termine, «uceline» appunto, con cui i contadini chiamavano le uve vendemmiate quando i filari avevano ormai perso le foglie e gli uccelli potevano cibarsi diffusamente dei grappoli ancora attaccati ai tralci e liberi dal fogliame. Ultimamente, però, solo gli anziani ricordavano quel vino «delle grandi occasioni» ottenuto dai filari di uva rossa allineali in fondo ai vigneti, nelle posizioni più esposte alle intemperie e quindi riservate alle viti più resistenti e indomite. Forse proprio l’aggettivo «indomito» rappresenta al meglio lo spirito di questo vitigno riscopeno da Mariuccia Borio. Nel 1990, facendo seguito a personali ricerche, la vignaiola costigliolese ha avviato un progetto di rilancio. Negli anni sono coinvolti enologi, storici, designer, ma anche chi, dell’uvalino, ha sentito parlare in prima persona: gli anziani, memoria storica delle colline. Mariuccia ne salva le viti, impianta un paio di vigneti, vinifica varie annate e le compara fra loro. Diciotto anni dopo uvalino, il vino-Noè, salvato dalle onde dell’oblio, ritrovato e riscoperto, diventa nuovamente maggiorenne con il nome di Uceline e una degustazione di sei annate strepitose. Non basta. Alla presentazione del nuovo vino agronomi e medici hanno parlato delle sue particolarità salutisticbe: del resveratrolo, l’alcol «buono» che ha effetti benefici sul cuore e le arterie, presente dieci volte di più che negli altri vini, e persino di elementi che indurrebbero al «suicidio» le cellule leucemiche. Insomma, mai come nel caso di Uceline, che uscirà in bottiglie da 375 millilitri il vino fa buon sangue.

Infine un’annotazione squisitamente visiva: Giacomo Bersanetti, grafico e designer di fama, ha ideato per questo vino una singolare etichetta-reportage che, cioè, riporta il volto non solo del produttore-patron, ma anche di chi ha collaborato al progetto. Così sulla bottiglia di Uceline «ci hanno messo la faccia» con Mariuccia Borio, sua mamma Elena, lo zio Carlo e la cugina Ada, ma anche gli enologi Armando Cordero e Giorgio Gozzellino con lo storico-vignaiolo-enologo canellese Gianluigi Bera. E quest’ultima presenza é un’altra particolarità unica di Uceline: un produttore che mette sull’etichetta di un proprio vino l’effige di un collega. Una roba che fa a pugni con la tradizione individualista subalpina, ma forse il mondo del vino piemontese sta cambiando per davvero.

Tag Packaging, Press